È l'ingombrante Diego Abatantuono a fuggire la sua milanesità tutta swatch e carte di credito: sotto le vesti di un'altra fuga - piuttosto arzigogolata - da un commissario di polizia che vuol addirittura farlo fuori; poiché il nostro ha assistito ad un omicidio nei locali della questura milanese. Seguono spiagge e palmette, gioie e dolori dei tropici più o meno tristi: a seconda dei tramonti incantati o delle scadenze delle carte di credito. È la sceneggiatura - l'avrete compreso - la prima indiziata per il tonfo abbastanza clamoroso di un regista reduce da un'opera, se non geniale, certamente fresca ed ispirata: dialoghi di una comicità piuttosto bozzettistica, casting altrettanto improbabile della successione degli avvenimenti (dal feroce commissario milanese che si trasforma in pizzaiolo all'estero, alla Golino fragile trafficante di marijuana, agli indigeni immancabilmente ingombrati da baffoni e chitarre), e tutti gli ingredienti (il giallo, l'esotismo, la migrazione on the road) che dovrebbero assicurare il successo internazionale. La presenza di un attore da tenere sotto controllo, come Abatantuono, in MEDITERRANEO si fondeva intelligentemente alla coralità del racconto. Qui recita soprattutto sé stesso, trasformando ogni situazione e battuta come stesse passeggiando in Galleria.